Asti, disabilità e una delibera #nonaccettabile.

Mercoledì 17 gennaio ad Asti si è svolto un Consiglio Comunale aperto in cui è stata discussa una recente Delibera sui progetti di vita indipendente fortemente limitativa se non "discriminatoria". Persone con disabilità, famigliari ed esperti hanno portato il loro contributo e la loro testimonianza, per chiedere il ritiro del provvedimento e la convocazione di un tavolo di confronto per ridefinire l’attuale regolamento con la partecipazione di associazioni e persone direttamente interessate (“nulla su di noi senza di noi”). Nonostante questo, in un’aula inaccessibile, in cui le persone con disabilità erano relegate lontane dai banchi della Giunta, Sindaco e Assessora, con il sostegno compatto di tutta la maggioranza, hanno rigettato sia le richieste degli intervenuti sia il correlato Ordine del Giorno presentato dalla minoranza. Nel corso del suo intervento l’Assessora ha liquidato le richieste di dignità, diritti e libertà come interesse per un contributo “appetibile”, dimenticando che quel contributo è essenziale per poter retribuire un assistente che aiuti la persona con grave disabilità a vestirsi, lavarsi, mangiare, spostarsi, ossia che le permetta una vita dignitosa e indipendente. E’ la libertà, è l’avere un’alternativa all’istituzionalizzazione, è la possibilità di portare il proprio contributo nella società al pari di tutti gli altri ad essere desiderabile, non il contributo in sè. Inoltre alcuni degli argomenti utilizzati per giustificare il regolamento aprono preoccupanti interrogativi. In primo luogo la possibilità di interrompere, come in questo caso, quasi senza preavviso i progetti in essere, senza impegnarsi a garantirne la necessaria continuità, è stata presentata come una necessità legata agli stanziamenti regionali che sono erogati annualmente. Tuttavia tali stanziamenti riguardano anche gli interventi di assistenza domiciliare, di sostegno socio-educativo alla persona, di affidamento diurno o residenziale, di assistenza residenziale e semiresidenziale. E’ possibile che, senza alcun confronto preventivo con i beneficiari, possano esser ridefiniti anche i termini per l’erogazione di questi fondi? In secondo luogo il taglio degli importi annui è stato presentato come possibilità di risparmiare su pochi progetti di vita indipendente per ampliare la platea dei potenziali fruitori. E’ possibile che anche in altri ambiti sia adottato tale criterio, penalizzando e colpevolizzando chi ha maggiori bisogni quasi togliesse risorse ad altri? Un ultimo aspetto, derubricato come “realismo politico”, pare indicativo e preoccupante: la contrazione del diritto al raggiungimento della “piena autonomia” in quello della “accettabile autonomia”. Il criterio discrezionale dell’“accettabilità” sarà usato anche per dirimere altre criticità e ridimensionare altri diritti (ad esempio quelli alla salute o all’inclusione scolastica)? L’articolo 3 della nostra Costituzione non parla di promuovere un “accettabile” sviluppo della persona umana bensì afferma molto chiaramente che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …”. Bisognerebbe ricordarsene sempre. In conclusione sia i contenuti sia le modalità con cui è stata assunta e blindata questa delibera sembrano contraddistinguere scelte politiche e strategie amministrative che non riguardano solo i progetti di vita indipendente, ma che potrebbero rappresentare un preoccupante precedente replicabile anche in altri ambiti. Credo che sia importante per tutti continuare a impegnarsi per il ritiro e la ridefinizione di questa delibera #nonaccettabile.

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