Sgomberi e "Contro-narrazione".

Ad Asti martedì 7 marzo in corso Casale si è consumato l’epilogo dell’ennesimo sgombero ai danni di diverse persone, per lo più con fragilità e con vite già ai margini, tra cui anche una famiglia (che pare esser stata anche separata: mamma e figlio nella comunità di via Pilone, papà in dormitorio). Le modalità “muscolari” adottate, con uno spropositato spiegamento di forze dell’ordine, sono le stesse che si erano già viste negli anni passati, in particolare negli sgomberi di strada del Fortino e dell’ex Mutua. Anche gli interventi sociali e i discorsi istituzionali non si sono discostati da quanto detto e fatto in quelle occasioni. Come allora inascoltate le voci di chi cercava di riportare l’attenzione sui bisogni e sui diritti delle persone, in particolare del Coordinamento Asti Est.  
Nell’assistere agli ultimi atti di questa nuova crociata per il decoro e la legalità non ho potuto fare a meno di sentire, con tristezza, l’assenza della presenza e delle parole di una persona, di un amico, Carlo Sottile, storico leader proprio del Coordinamento Asti Est. Mi sono accorto che mi mancavano, e credo manchino alla città, l’instancabile attivismo, le lucide riflessioni e l’autorevole umanità di una persona ostinatamente e radicalmente al fianco delle vittime di un sistema politico ed economico che troppo spesso sacrifica i diritti e la dignità delle persone sull’altare degli interessi economici.
Ho provato a cercarlo rileggendo alcuni suoi interventi, raccolti sotto il titolo “Contro-narrazione”, relativi agli sgomberi di strada del Fortino e dell’ex Mutua. Ho pensato di provare a riproporne alcuni stralci, anche se forse lui non sarebbe stato d’accordo, perché credo che ancora oggi, a distanza di anni, conservino quello che lui indicava come “il valore di una contro-narrazione” importante per tutti coloro che, per condizioni di vita o presa di coscienza, rifiutano di essere assoggettati e complici di un sistema che rende le disuguaglianze profittevoli per alcuni (“dominus”) e distruttive per la parte sociale che sta loro sotto:
“Ad Asti dovremo nuovamente assistere ad uno sgombero, più sceneggiato che reale perché la deportazione è già stata organizzata nei dettagli. Si, proprio così. Lo spettacolo che sarà allestito, da Servizi Sociali, Asl, Forza Pubblica e Vigili del fuoco, ha per titolo “Sorvegliare e punire”, con i sorvegliati, le famiglie impoverite loro malgrado, che saranno ad un tempo attori e destinatari dell’azione. Sono le regole e i costumi consolidati di chi mette sullo stesso piano l’ente pubblico e il “partito del mattone”. […] Lo abbiamo detto più volte, nel corso di questi ultimi anni: il problema abitativo delle centinaia di famiglie che affollano le graduatorie Atc, vivono la minaccia dello sfratto, occupano edifici vuoti e inutilizzati, non è un’emergenza, come impropriamente viene detto dai pubblici poteri, ma un gravissimo e sempre più acuto problema sociale.
È dal 2006 che il bisogno abitativo insoddisfatto, annotato ostinatamente, con spregio alla realtà, come “emergenza”, cresce su sè stesso, ed è evidente che una situazione sociale così descritta non può essere affrontata con azioni di “riduzione del danno” o, peggio, con provvedimenti di ordine pubblico.
Relativamente allo sgombero annunciato non riusciamo a spiegarci perché l'assessora ai Servizi Sociali si ostini a ripetere che: “Le famiglie troveranno sistemazione in spazi di accoglienza comunali: gli uomini al dormitorio maschile, le donne e i bambini nel nuovo centro femminile allestito nella palazzina comunale di viale Pilone”. Persino il Ministro dell'Interno, in una circolare del 2017 ha dettato ai Prefetti: “La tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale è assurta, a condizione prioritaria per la definizione delle modalità di esecuzione delle operazioni di sgombero”. Conformità a parte, presumere di poter fare queste scelte con tanta leggerezza notarile, è semplicemente disgustoso”.
[…] Tra le altre cose “la «casa della donna e del bambino» nella precedente narrazione doveva trasformarsi in «centro di accoglienza per famiglie». Nelle intenzioni, della serie «non bastonare il can che affoga», il proposito di alleggerire una situazione di emergenza abitativa, senza dover rompere l'unità delle famiglie sfrattate. Cosa è cambiato in così pochi mesi? Nella realtà assolutamente nulla. Le cause dell'emergenza abitativa non sono state rimosse, le graduatorie dell'Atc sono sempre affollate, gli sfratti per “morosità incolpevole” continuano e nell’offerta dei servizi cittadini non c'è un «centro di accoglienza per famiglie». Attorno alla disponibilità della palazzina comunale di viale Pilone 175, è cambiata la narrazione dell’intera questione abitativa. I naufraghi delle disuguaglianze non vi hanno posto. Le vittime di un welfare in disarmo, persone e famiglie con redditi precari, escluse dal mercato immobiliare e da un’edilizia residenziale pubblica ormai residuale, sono semplicemente fuori scena. Con questa nuova narrazione è completata la scelta di derubricare un problema sociale a problema di ordine pubblico. Tale scelta così vistosamente esibita ad Asti, nei recenti sgomberi di case occupate, cambia radicalmente il ruolo dei Servizi Sociali. A questi ultimi, espropriati di ogni welfare, e ai filantropi privati e di Stato, a dispetto del valore morale del loro accredito, viene affidato il compito di assoggettare i poveri alla loro «naturale» condizione (se sei povero è colpa tua) e alla condizione imposta da un sistema sociale predatorio. Tutto questo alla faccia dell'articolo 3 della Costituzione”.
Diversi anni dopo quegli sgomberi e nella contingenza di quello appena concluso, nulla pare essere cambiato e le limpide parole di Carlo Sottile, in tutta la loro attualità, continuano a far emergere l’importanza e il valore di una contro-narrazione utile sia a collocare gli eventi locali in uno scenario più ampio, sia ad evidenziare come alcune situazioni nascano principalmente dall’assenza di risposte istituzionali alla garanzia del diritto all’abitare e dal mancato rispetto del dettato costituzionale, in particolare del dovere di garantire la giustizia sociale e di assicurare la funzione sociale della proprietà. Una contro-narrazione che smascheri i sempre più frequenti e diffusi tentativi di “derubricare un problema sociale a problema di ordine pubblico”, sostenuti da un’idea di legalità svuotata di giustizia ed imbellettati dagli interventi residuali di un “welfare in disarmo”, spesso destinato più che a rispondere ai bisogni delle persone, a spostarli … insieme alle persone.



Commenti