Il signor Mimmo.

A volte il percorso della vita è attraversato da piccoli particolari, incontri, accadimenti inaspettati, che aprono i sentimenti e riescono a strapparci un sorriso. Qualche giorno fa, nel preparare gli articoli per l’impaginazione del giornale interno al carcere di Asti “Gazzetta Dentro”, mi sono imbattuto in un breve pezzo “Il signor Mimmo” che Gerardo, a nome dei ristretti che compongono la redazione, mi aveva “dedicato” alcune settimane prima dopo aver letto una mia intervista. Per lo più lavoro alla “Gazzetta dentro” nei ritagli di tempo ed occupo una mattinata a settimana per andare in redazione nella Casa di Reclusione di Asti. Un impegno volontario in cui credo ma che a volte costa un po' di fatica e che a qualche soddisfazione accompagna anche diverse “grane”, tanto che ogni tanto viene da domandarsi “Ma chi me lo fa fare …?”. Poi si incontrano piccoli frammenti di questo impegno che tornano arricchiti e colorati di speranza e si ritrova in essi il senso di un percorso che rifugge alle misurazioni “quantitative” e/o “produttive”, ma che colora la vita e dona speranza per guardare al futuroIl signor Mimmo”, per me, è uno di questi frammenti di umanità diffusa e condivisa:

Il signor Mimmo

Svolge il volontariato all'interno della Casa di Reclusione di Asti, nonché componente della redazione, di cui noi detenuti facciamo parte. Per noi il signor Mimmo, siamo sicuri, è una colonna portante in redazione, insieme agli altri volontari. 

Ci ha colpiti molto la sua intervista pubblicata sulla Gazzetta di Asti. In particolare la citazione di personaggi storici come Nelson Mandela leader della lotta alla discriminazione in Sudafrica insieme all'arcivescovo Desmond Tutu. Il suo riferimento alla poesia di Antonio Machado, riempie, poi, il nostro cuore di voglia di vivere e di lottare ogni giorno: la sua frase “Il sentiero si fa camminando” è un invito all'amore all'integrazione al rispetto e all'unità. Parole tanto importanti in un'epoca come l’attuale, in piena guerra anche di dubbi. Grazie signor Mimmo (e a tutti i membri della redazione) per camminare insieme a noi in questi tempi così difficili per tutti.

Gerardo (anche a nome di Amedeo, Salvatore e Michele)


P.S.: il riferimento è alla seguente intervista pubblicata sulla Gazzetta d’Asti il 04/02/2022 relativa ad un contributo laico sul percorso sinodale intrapreso dalla Chiesa:

Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco. Abbiamo dialogato con Domenico Massano, pedagogista, attivista di Welcoming Asti sull’importanza del camminare insieme:

Il 24 settembre 1961 al termine della prima marcia della pace da Perugia ad Assisi, dal prato della Rocca Aldo Capitini, colui che la aveva promossa ed organizzata, dava lettura della mozione del popolo per la pace il cui primo principio indicava nella «fratellanza dei popoli» l’orizzonte comune, e il secondo, che vi era strettamente collegato, definiva un impegno: “Per preparare la pace durante la pace è necessario diffondere nell’educazione e nei rapporti con tutti a tutti i livelli una capacità di dialogo, una sincera apertura alla coesistenza ed alla pacifica competizione di ideologie e di vari sistemi politici e sociali, nel comune sviluppo civile, ed affermare il lavoro come elemento costruttivo fondamentale”. Camminare insieme può spaventare, perché l’incontro e il confronto con altri da noi può voler dire rischiare di perdere alcune certezze e affrontare alcuni dubbi. A volte per camminare insieme è necessario mettersi in discussione, a volte perdersi anche un po', ma con la fiducia di ritrovarsi in un noi più grande. Non credo neppure ci si debba preoccupare troppo se a volte sembra di non avere un sentiero chiaro e predefinito, perchè spesso, come scriveva A. Machado, “il sentiero si fa camminando”, soprattutto se accompagnati dalla certezza che cosí facendo si opera efficacemente, si instaura qualche cosa di nuovo, si mette in moto una realtà migliore”.

Perché secondo te è così difficile dialogare?

Credo che per camminare insieme sia importante creare occasioni di dialogo. Per questa ragione Capitini, sin dal primo dopoguerra, si adoperò per diffondere la proposta di quelli che aveva chiamato Centri di Orientamento Sociale, spazi nonviolenti e ragionanti, secondo il principio di “ascoltare e parlare: in questi spazi si depongono le armi, e si ha piacere che entrino tutti”. Un metodo che riteneva fosse presupposto di una comunità aperta in cui “dare senza bisogno di ricevere, aprire le menti, le situazioni, gli errori, i pregiudizi, i privilegi, senza con ciò volere le approvazioni e i compensi, senza creare il gruppo chiuso ed esclusivo”. Incontrarsi, dialogare, camminare insieme è sicuramente arricchente ma non sempre facile. Anzi è piuttosto faticoso (ed è per questo che è buona abitudine accompagnarlo da momenti conviviali). Ma se, come dice un proverbio africano, camminando da soli (sia come persone che come realtà/associazioni) andiamo più veloci, camminando insieme andiamo più lontano. In questa prospettiva camminare insieme permette anche di aspettare chi arranca un po', di recuperare chi si ferma ogni tanto e di mantenere la porta aperta per tutte e tutti. Camminare insieme aiuta ad ampliare il nostro sguardo sul mondo e permette di condividere sogni, speranze, visioni di una società più giusta e migliore per tutte e tutti. È un impegno per certi aspetti implicito nel richiamo al dovere di agire gli uni verso gli altri con spirito di fratellanza e all’adempimento dei doveri di solidarietà, contenuti rispettivamente nella Dichiarazione Universale dei diritti umani e nella Costituzione. Personalmente mi piace guardare al camminare insieme nella prospettiva dell’Ubuntu, considerato da Desmond Tutu e Nelson Mandela “uno degli elementi indispensabili per vivere una vita all’insegna del coraggio, della compassione e della solidarietà”. Ubuntu, una parola ed una filosofia che possiamo tradurre così: “Una persona è una persona tramite altre persone”. Significa che tutto ciò che impariamo e sperimentiamo nel mondo si deve alle nostre relazioni con gli altri”.

Ci racconti in che cosa consiste questa esperienza di Welcoming Asti?

Questi presupposti mi hanno accompagnato anche nell’esperienza astigiana con la Rete Welcoming Asti, che prosegue dal 2018, quando insieme alle diverse persone, enti e associazioni che avevano partecipato nell’anno precedente alla raccolta firme “Welcoming Europe”, ci siamo resi conto di aver condiviso un percorso umanamente intenso e arricchente che sarebbe stato importante far proseguire. L’impegno comune aveva, infatti, permesso un approfondimento dei legami di reciproca conoscenza nelle diversità che aveva permesso di iniziare a “camminare insieme”, ad accompagnarsi reciprocamente. Un percorso che è proseguito sino ad oggi e che ha visto alti e bassi, gioie e fatiche, ma che, accompagnato e contraddistinto dai colori della bandiera della pace, ha costantemente e con fiducia mantenuto un’apertura all’incontro e al dialogo, e la caparbia determinazione nell’organizzare periodicamente momenti in piazza di testimonianza solidale e di denuncia delle violenze, delle ingiustizie sociali e delle violazioni dei diritti umani che continuano a ferire le nostre società e la nostra comune umanità”.


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