Il dono del sogno di Marco Cavallo.

La prima volta che l’ho vista è stata lo scorso autunno, in una “piccola mostra di illustrazione, sassi e stranezze” di Rebecca Valente, allestita nell’ex sala d’attesa di una stazione ferroviaria nell’astigiano, recuperata e trasformata in spazio conviviale di cultura e incontro da un gruppo di giovani. Era una piccola stampa raffigurante un grande cavallo azzurro di cartapesta su una struttura mobile di legno attorniato da un gruppo variegato e variopinto di personaggi, uno dei quali reggeva un cartello con scritto “Marco Cavallo Libera tutti”.

La storia del protagonista dell’opera, e del suo significato dirompente, è stata raccontata da Franco Basaglia, l’allora direttore (e distruttore) del manicomio in cui prese vita: “Marco Cavallo come simbolo della libertà da contrapporre alla miseria della psichiatria fu un’esperienza unica. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, fornisce materiale per accese dispute sul senso e la convenienza di utilizzare un simbolo quale elemento rappresentativo di un cambiamento, un simbolo attorno al quale possano riunirsi uomini (e donne) che vogliano, o siano in grado, di riconoscersi in una speranza. … Quando il cavallo azzurro lasciò il ghetto, centinaia di ricoverati lo seguirono … portando con sé la speranza di poter stare insieme agli altri in un aperto scambio sociale, in rapporti liberi tra persone libere”.

Era il 25 marzo 1973 (o 25 febbraio le notizie sono discordanti) quando venne il giorno del viaggio inaugurale per le vie della città di Trieste, annunciato da un manifesto che recitava: «Comincia il viaggio per il mondo di Marco Cavallo». Purtroppo, o forse non poteva che essere così, il viaggio iniziò con un intoppo. La scultura di legno, ferro e cartapesta dipinta di blu era troppo alta per uscire dal cancello del manicomio, quasi non volesse esser lasciata andare via dagli ultimi rigurgiti segreganti di un’istituzione totale e totalizzante. Ma ci pensò Franco Basaglia che, con un gesto plasticamente immortalato in una foto d’epoca, scaraventò una grossa panca contro quel cancello, che non poteva contenere tutta quella umanità, abbattendolo e dimostrando, ancora una volta, che i muri e le barriere, se qualcuno non li butta giù, restano lì a imprigionare speranze di futuro e libertà. E così Marco Cavallo iniziò il suo cammino per il mondo, con la pancia piena dei sogni, delle poesie e delle vite che le persone internate avevano voluto affidargli.

Per tutto questo, e per molto altro ancora, mi aveva colpito molto quella stampa e così decisi di prenderla. Alcuni giorni fa, in occasione del mio compleanno l’8 marzo, ho ricevuto in dono dalla mia compagna il disegno originale e, con mia grande gioia e stupore, ho notato un particolare che nella stampa non emergeva: i sogni e le speranze affidate al ventre del destriero s’intravedevano sul suo manto azzurro, regalandomi un sorriso di futuro e libertà. 

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