Da alcuni anni seguo come volontario all’interno della Casa di Reclusione di Asti il progetto editoriale “Gazzetta Dentro”, il mensile realizzato grazie all’Associazione Effatà e che si propone di essere un’opportunità per dar voce alle persone ristrette e a chi opera nel e per il carcere. Un’esperienza che si basa sul lavoro di una Redazione cui partecipano redattori interni ed esterni, e la cui valenza comunicativa si spera possa contribuire a creare un ponte fra carcere e società, due luoghi che, pur trovandosi nello stesso territorio, sembrano lontanissimi e sconosciuti. Nonostante le chiusure e le restrizioni per la pandemia Covid-19, tale percorso è proseguito con nuove modalità (on line e telefoniche), dimostrando grandi capacità di resilienza e testimoniando un importante investimento umano. Se non le persone, almeno le parole hanno continuato a “varcare la soglia”, offrendo uno sguardo, seppur parziale, sull’impatto del Covid nella vita carceraria, che si può provare a ricostruire, sinteticamente, attraverso alcuni brani degli articoli della “Gazzetta Dentro” ripresi e pubblicati settimanalmente sul periodico locale “Gazzetta d’Asti”.
A
marzo Gennaro descriveva le drammatiche fasi iniziali della pandemia: “(Certe
cose) le avevamo viste soltanto nei film di fantascienza e, se erano fatti
bene, eravamo tutti curiosi di scoprire come andava a finire. … oggi la cruda
realtà, ci sta facendo vedere che gli eroi veri sono sul campo e affrontano in
prima persona un nemico che ti colpisce a tradimento, senza effetti speciali. …
Restare chiusi e privi della propria libertà, per chi si è macchiato di un
qualsiasi reato, sappiamo cosa vuol dire. Perdere quel diritto senza aver
commesso crimini, dev’essere ancora più dura”.
Ad
aprile Amedeo apriva il discorso sulla difficile situazione che si viveva
all’interno del carcere: “Ogni qual volta si è colpiti da un disastro, di
qualunque genere, a sentirne maggiormente l’effetto sono le fasce più deboli,
siano essi i senza tetto o gli ammalati. Tra le categorie più esposte ci sono
anche i detenuti … Nelle strutture carcerarie tutto è amplificato e, ovviamente,
non fa eccezione questa situazione che preoccupa e agita i reclusi sia per se
stessi sia per i propri affetti. …
A
distrarre aiuta lo sport e qualche chiacchiera nell’ora d’aria, perché per il
resto non si vede nessuno … i volontari non possono entrare e tutte le
attività, giustamente, sono state sospese, come anche i colloqui con i propri
cari. La nota positiva è che sono state aumentate le telefonate (e introdotte
settimanalmente le videochiamate), così da permettere a chi è recluso di
sincerarsi spesso dello stato di salute dei propri cari e viceversa”.
A
maggio Guido proseguiva la riflessione, includendo il personale del carcere: “Noi
detenuti e agenti di custodia viviamo le giornate nello stesso ambiente,
respiriamo la stessa aria, siamo sempre in contatto 24 ore su 24 … Io credo che
basti un po’ di buona volontà, per immaginare l’irrespirabile clima che si vive
nelle carceri. Siamo soffocati tutti noi detenuti e agenti di custodia compresi,
dalla paura del Coronavirus che invade i nostri corpi nell’impedimento di
difenderci”.
A
giugno nelle parole di Salvatore s’incontrava un pensiero orientato al futuro: “Bisogna
reagire e per farlo è necessario anzitutto avere fede, in qualcuno, in
qualcosa, in se stessi. Il Covid 19 ha sorpreso il mondo, mettendolo in
ginocchio, sta ancora facendo vittime senza distinzioni di sesso, ceto sociale ed
etnia. … Privilegiare la giustizia sociale ed economica è senza dubbio un
imperativo ineludibile; diversamente è altissima la probabilità che aumenti il
divario tra i ceti sociali e aumenti il numero delle categorie dei poveri”.
Nei
mesi di luglio/agosto Gerardo rifletteva sull’importanza di ripartire in modo
diverso e più giusto per tutti: “Non si tratta solo di ricordarci di appartenere
al genere umano che tutti ci accomuna ma di far nostro un vero sentimento di
solidarietà, di comprensione e d’indulgenza verso le altre persone … auspichiamo
una rivolta morale, perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché
soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio,
inutili. … Io, che ho fatto del pessimismo la cifra della mia vita, ritengo,
però, che sia nella natura umana dimenticare le tragedie passate per
riprendersi appieno la vita di sempre. … Dovremmo, invece, guardarci l'un
l'altro con sguardi più sereni e meno rapaci, tenderci le mani con meno
infingimenti … dovremmo guardarci e parlarci dentro, nelle pieghe di
quell'animo che custodisce ogni valore più autentico”.
In questi mesi con la “Gazzetta Dentro” abbiamo condiviso, seppur a distanza, un percorso di analisi e riflessione capace di restituire una non scontata e per certi versi inaspettata affinità di sentire tra dentro e fuori. Un percorso fatto di parole ed emozioni che hanno continuato a varcare la soglia del carcere per contribuire a costruire ponti, a tessere tenui fili relazionali e comunicativi tra persone e realtà differenti e, spesso, lontane ma appartenenti a un’unica comunità di vita.
Domenico
Massano
(…
e Amedeo, Beppe, Dino, Ettore, Gennaro, Gerardo, Guido, Monica, Salvatore,
Stella, Tecla)
Nota: l'articolo è stato scritto nell'ambito del progetto "Chi ha varcato la soglia" conclusosi nel mese di settembre 2020, prima dell'attuale recrudescenza del contagio Covid-19.
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