Parla
di Aldo Capitini, della sua prigionia, della sua fiducia sconfinata nel dialogo
e nell’apertura all’altro (“la mia nascita è quando dico un Tu”), della sua tenace
intuizione da cui nel 1961 nacque la prima Marcia della Pace da Perugia ad Assisi.
Parla
del Mahatma Gandhi, di Nelson Mandela, di Danilo Dolci, di Don Milani, …
Parla
dei tanti costruttori e artigiani della pace che con il loro impegno
quotidiano, semplice e spesso invisibile, mantengono viva la speranza in una
società migliore.
Parla
di speranza, fraternità e solidarietà attraverso le riflessioni e i disegni di
ponti e arcobaleni che tante bambine e bambini hanno realizzato a scuola e
portato in piazza ad Asti domenica scorsa: “Pace è volere il bene di tutti,
Pace è rispetto, Pace è amore, Pace è condivisione, Pace è camminare insieme, Pace
è ogni passo, …”.
Eh
sì, perché domenica 11 ottobre, anche se la cosa sembra esser passata sotto
silenzio (salvo
qualche virtuosa eccezione), in parallelo alla grande catena umana per la Pace
e la Fraternità che ha simbolicamente unito Perugia ad Assisi, anche ad Asti ci
si è ritrovati in piazza Statuto, nel rispetto della normativa sanitaria,
distanziati ma uniti da bandiere arcobaleno e da un filo che rappresentava l’impegno
comune per ricostruire una comunità della cura e della fraternità: “Il tessuto
che vogliamo ricucire, ricostruire e ricamare è anche il tessuto valoriale di
cui oggi sentiamo la grande mancanza”.
Sembra
esserci sempre una buona ragione per non parlare (o quasi) di Pace … eppure il
cammino della Pace prosegue, tessendo relazioni e aprendo orizzonti di speranza
che rinascono a “ogni passo”.
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