Uno spiraglio di luce sul diritto all’abitare.


Nella tarda serata di sabato 11 maggio a Roma, Konrad Krajewski, il Cardinale elemosiniere del Vaticano, si è calato in un tombino, ha strappato i sigilli della cabina elettrica e ha restituito luce, dignità e sicurezza alle 450 persone (170 nuclei familiari con 98 bambini) occupanti lo Spin Time (uno stabile pubblico da anni in disuso e abbandonato), che erano costrette, ormai da una settimana, a vivere nel buio, senza acqua calda e nell’impossibilità di poter utilizzare qualsiasi apparecchiatura elettrica (da frigo e cucina, a strumentazioni mediche).
“Un gesto disperato”, “Un gesto di umanità”, con queste parole il Cardinale e il Vaticano hanno, nei giorni successivi, rivendicato l’azione (sulla quale la procura ha avviato un'inchiesta).
“Un gesto di verità”, si potrebbe anche dire, che apre uno spiraglio di luce sui reali presupposti delle azioni di molte famiglie, di attivisti e volontari per il diritto all’abitare, che sono, troppo spesso, derubricate esclusivamente ad azioni illegali e arbitrarie.
Potrebbe essere utile, in tal senso, provare a ripercorrere le ore precedenti al gesto dell’eminente porporato, riscoprirne la genesi e le motivazioni: l’incontro con le famiglie e i loro bisogni, l’indignazione per i potenziali rischi dell’oscurità cui erano da giorni costrette, la ricerca di soluzioni urgenti con gli enti preposti, il non rassegnarsi all’impassibile silenzio istituzionale che seguiva e la discesa nell’oscurità del tombino per strappare i sigilli di un legalitarismo sempre più sordo e cieco alle tragedie umane e, infine, il riportare un po’ di luce non solo a quelle persone ma anche su quel principio di umanità e su quei valori costituzionali di solidarietà e giustizia sociale, che sembrano essere sempre più immersi nelle tenebre dell’indifferenza.

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