"Come siete diventati così miserabili?" chiese la bambina. "Eravamo già miserabili, ci vergognavamo, pensa che scemi" rispose l'adulto ... (M. Biani, La banalità del ma).
Sui responsabili della morte del ventiseienne ricercatore italiano Giulio Regeni, torturato e ucciso al
Cairo nel mese di febbraio 2016, non si sa, vergognosamente, ancora nulla. Lo
scorso 27 aprile i genitori di Giulio hanno scritto una lettera al Presidente
del Consiglio perché, in occasione dell’incontro con il Presidente egiziano a
margine dei lavori del G7 in Cina, si facesse “portavoce della richiesta di
Verità e Giustizia sul rapimento, tortura e morte di nostro figlio. […] Giulio,
come cittadino ha diritto a essere difeso e a trovare giustizia, come non è
stato difeso e non ha avuto giustizia da vivo. Riteniamo necessario che l’inviolabilità
dei diritti umani sia un messaggio centrale, fondamentale per la nostra
nazione, nel rispetto dei principi democratici, per garantire un futuro
migliore e per rispettare e meritare la fiducia dei nostri giovani”.
Il
29 aprile 2019, due giorni dopo quest’appello, in occasione della discussione
generale dell’Ordine del Giorno “Istituzione della commissione parlamentare di
inchiesta sulla morte di Giulio Regeni”, dei 630 eletti della Camera dei Deputati,
in aula erano presenti solo in 19.
Un’aula
deserta, specchio non solo della cifra umana e politica degli assenti
ingiustificati e affannati, probabilmente, a raggranellare like sui social e/o
qualche apparizione televisiva, ma anche del progressivo imbarbarimento e dell’evidente
impoverimento valoriale del nostro Paese. La miseria di quest’aula è ulteriormente amplificata
dalla vicinanza con le celebrazioni del 25 aprile e richiama il valore
profetico delle considerazioni di Calamandrei sul progressivo rinnegamento dei
valori della Resistenza da parte di una classe politica (ma non solo) più
consona e adusa a una “desistenza”, fatta di “disfattismo costituzionale,
disprezzo di tutto quello che di nuovo e di rinnovatore aveva la nostra
Costituzione, irrisione quotidiana di tutti i diritti fondamentali, dalla
libertà di religione al diritto al lavoro, che la Costituzione aveva voluto
garantire ai cittadini della nuova Italia democratica. […] I morti della
Resistenza vollero essere, credettero di essere, le avanguardie di una nuova
classe dirigente, pulita e onesta, fatta di popolo, destinata a prendere il
posto di tutti i profittatori e di tutti i corruttori. […] Eppure, amici, questa
è stata la sorte singolare dell’Italia: che essa è tornata a essere governata
dalla classe dirigente prefascista; governata dai fantasmi”.
Di
fronte al triste spettacolo di un’aula popolata da “fantasmi desistenti”, non c’è
spazio per la rassegnazione ma, per Giulio e per tutti noi, di un rinnovato
impegno per ricordare e vivere i valori della Resistenza, perché “In questo
clima avvelenato di scandali giudiziari e di evasioni fiscali, di dissolutezze
e di corruzioni, di persecuzioni della miseria e di indulgenti silenzi per gli
avventurieri di alto bordo, in questa atmosfera di putrefazione che accoglie i
giovani appena si affacciano alla vita, apriamo le finestre: e i giovani
respirino l’aria pura delle montagne e risentano ancora i canti dell’epopea
partigiana”.
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