Capitini e la Marcia della Pace: un “cammino aperto”.

Domenica 7 ottobre 2018, si terrà la Marcia della Pace e migliaia di persone si incammineranno da Perugia verso Assisi. Gli organizzatori precisano che non sarà solo una “marcia”, ma dovrà essere, soprattutto, l’occasione “per ritrovarci e fare insieme un altro piccolo tratto della lunga marcia della pace e della fraternità che ci vede impegnati tutti i giorni”. La prima Marcia si svolse nel 1961 e fu fortemente voluta, preparata e organizzata (spesso in solitudine e, quasi fino all’ultimo, contro tutto e tutti), da Aldo Capitini. In occasione del cinquantenario della scomparsa del suo “fondatore” (mancato il 19/10/1968) e a pochi giorni dalla partenza della prossima Marcia della Pace, vale la pena provare a ricordare ragioni e presupposti da cui questo cammino, che continua ad accompagnarci da oltre mezzo secolo, si è avviato, ripercorrendone i primi passi attraverso le parole di Aldo Capitini: “Quando, nella primavera del '60, feci a Perugia insieme con amici un bilancio delle iniziative prese e di quelle possibili, vidi che l'idea della marcia, soprattutto popolare e regionale, piacque. […] La mia intenzione era che il gruppo di iniziativa non fosse prevalentemente di persone di partito. Sono un sostenitore del lavoro di aggiunta a quello dei partiti, che ritengo certamente utili in una società democratica, ma non sufficienti. […] Ma debbo dire che oltre quel primo carattere, di iniziativa non dei partiti, che avrebbe dovuto assicurarmi una più facile adesione da tutte le persone e associazioni operanti in Italia per la pace, io tenevo sommamente ad un secondo carattere, che anzi era stato il movente originario del progetto: la marcia doveva essere popolare (per destare la consapevolezza della pace in pericolo nelle persone più periferiche e lontane dall'informazione e dalla politica) […] il terzo carattere dell'iniziativa che voglio mettere in rilievo, (è che) si presentava un'occasione di parlare di "nonviolenza" a "violenti", di mostrare che la nonviolenza è attiva e in avanti, è critica dei mali esistenti, tende a suscitare larghe solidarietà e decise non collaborazioni, è chiara e razionale nel disegnare le linee di ciò che si deve fare nell'attuale difficile momento. […] il quarto carattere dell'iniziativa: la scelta di Assisi (per richiamare San Francesco, il santo italiano della nonviolenza) come meta della Marcia che non poteva che muovere da Perugia, per ragioni organizzative”.
Queste le caratteristiche fondamentali della marcia della pace, in cui si traducevano alcuni capisaldi dell’impegno di Capitini, teso a risvegliare l’attenzione per la pace, la democrazia e la solidarietà negli italiani, che sembravano sempre più rifugiarsi in un disimpegnato conformismo ideologico nell’affrontare, in particolare, le questioni umane e di giustizia sociale: “Una notevole pesantezza ideologica caratterizza gl'italiani, […] gl'italiani pensano che nell'assoluto, nelle cose serie (religione, politica, scuola) debba esserci uniformità, e la diversità sia cosa degl'individui contingenti e del folclore. Per questo accusano di eretico, di sovversivo, di diseducatore, chi è "diverso". Non sono abituati a collaborare nelle cose serie con i “diversi””.
Nel concludere il suo primo bilancio dell’iniziativa, che vide la partecipazione di circa 20.000 persone, Capitini ne ribadiva alcuni aspetti centrali: “La Marcia è stata una manifestazione "dal basso", che ne ha cominciate tante altre […] Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia, […] l'impostazione di un altro metodo di lotta, quello nonviolento che mantiene il dialogo, la libertà di informazione e di critica e non distrugge gli avversari, diventa urgente; ed io credo che anche nelle scuole bisognerà insegnare il valore e le tecniche del metodo nonviolento”.
Capitini il “diverso”, il sovversivo, il diseducatore, con il suo impegno tenace e costante, in un periodo storico particolarmente difficile, riuscì a rimettere in cammino, oltre a tutte le persone che scesero in strada, anche la speranza per un mondo più giusto, libero, solidale e, soprattutto, in pace. Il cammino aperto, infatti, non è solo quello che porta da Perugia ad Assisi, ma anche quello della costruzione di un mondo migliore e diverso che dovrebbe impegnarci quotidianamente, a partire dai nostri contesti di vita.
La Marcia della Pace del 7 ottobre potrebbe essere l’occasione per riprendere a camminare insieme sulla strada che rigenera fiducia, speranza e volontà di cambiamento, in una società sempre più povera di umanità e in cui la solidarietà, troppo spesso, è considerata alla stregua di un crimine.

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