Ad Asti, con la
prospettiva di avviare l’ennesima attività eno-gastronomica, non è stata rinnovata la concessione dei locali di Palazzo
Ottolenghi al “Magopovero-Museo dell’Immaginario”, senza l’offerta di alcuna valida
soluzione alternativa. Tale scelta dell’amministrazione ha visto un’immediata e
massiccia mobilitazione della cittadinanza (e non solo), per la salvaguardia di
quello che è da considerare un bene comune cittadino, apprezzato e riconosciuto
ben oltre i confini dell’astigiano. Il Museo dell’immaginario è, infatti, “un luogo
d’arte, di incontro, di poesia, un’officina di idee” che, come si può leggere
sia sulla petizione sia sulle varie iniziative avviate per impedirne lo sgombero,
“è frequentato e amato dai bambini e dagli adulti della città, è punto di
riferimento culturale per educatori e insegnanti, è luogo di incontro e
sperimentazione artistica e molto di più di tutto questo”. E’ evidente l’alto
valore educativo di un contesto in cui poesia, stupore e gentilezza
contribuiscono alla formazione e alla crescita dei bambini, permettendo loro di
immaginare, tra universi sensibili, un mondo più colorato, capace di poesia e,
soprattutto, da costruire insieme.
Vi
è, tuttavia, anche un altro aspetto che merita di essere sottolineato: l’immaginazione
è anche garanzia della nostra umanità. Alcuni anni fa, infatti, il filosofo G.
Anders, rileggendo le tragedie della Seconda guerra mondiale e della Shoah nel testo “Discesa
all’Ade”, affermava: “Non so se esista una possibilità per contenere la
dismisura dell’infernale che abbiamo fra le mani. Se esiste, sta solo nel
tentativo di non accettare questo scacco come definitivo, di ampliare dunque la
nostra immaginazione …”. Rifacendosi a queste riflessioni, il noto sociologo Z.
Bauman, in uno dei suoi ultimi scritti “Alle sorgenti del male”, evidenziava come: “Il potere umano di produrre è stato emancipato, negli ultimi decenni, dal
potere molto meno espandibile degli umani di immaginare, rappresentare e
rendere intelligibile. È in questo fenomeno relativamente nuovo, lo
iato che separa i poteri creativi e immaginativi, che la varietà
contemporanea del male affonda le sue radici”. Concludeva poi le sue riflessioni specificando
che: “l’immaginazione coglie infinitamente più verità morale, mentre
la nostra percezione empirica è particolarmente cieca”.
L’attuale momento
storico può essere considerato preoccupante sotto diversi punti di vista, soprattutto
in relazione ad una progressiva disumanizzazione di pratiche e discorsi che si
rivolgono a coloro i cui bisogni ci interrogano. Di fronte a questa deriva, salvaguardare
e promuovere gli ormai rari spazi di poesia e immaginazione, è da ritenersi non
solo utile, ma sempre più necessario.
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