Tra auspicabili aperture e partecipazione diffusa si gioca il futuro della Sinistra.

Cosa è mancato a questa opposizione? “La visione alternativa di una società dove la politica è stata ridotta all’amministrazione e all’economia. Oggi chi si oppone a Renzi dovrebbe creare forme di auto-organizzazione e di agire politico per riequilibrare la forte concentrazione di potere che si sta realizzando a livello istituzionale. La società deve riconquistare il suo ruolo nel momento in cui lo spazio nelle istituzioni si restringe. Rimettere in movimento questi meccanismi oggi è un problema politico che si deve porre anche chi sta nelle istituzioni”. Con queste parole si concludeva un’intervista sulla riforma renziana della “buona scuola” a Stefano Rodotà, pubblicata da “Il Manifesto” nel maggio 2015. Non a caso, direi, visto lo stretto legame che, agli occhi dello stimato giurista e politico, recentemente mancato, univa cultura, democrazia e diritti.
Il percorso del Brancaccio, in certo qual modo, ha raccolto questa sfida politica ed è stato capace di riattivare percorsi virtuosi di partecipazione e di cultura democratica. In prossimità della scadenza elettorale, tuttavia, tale percorso pare essersi bruscamente interrotto, con responsabilità che sarebbe semplicistico addossare a una o alcune delle parti, e/o a errori di singoli.
Tra i numerosi appelli diffusi perché il Brancaccio prosegua e non si disperda quanto di buono fatto sino a oggi, mi pare particolarmente significativo un passaggio di quello firmato da Castellina, Ferrajoli, Settis e da tante altre personalità pubbliche della Sinistra italiana, che afferma: “La povertà sempre più diffusa, il disagio sociale nelle mille periferie del Paese, il populismo e il neo fascismo crescenti, non consentono a nessuno di rimanere a guardare. C’è la necessità di far ripartire il percorso messo in moto con l’assemblea del Brancaccio, confidando nel fatto che le formazioni politiche che hanno promosso l’assemblea del 3 dicembre diano un segnale di apertura concreto, a partire dalla ridefinizione degli appuntamenti già previsti e fissando le tappe successive in un percorso realmente comune e trasparente. Solo così si potrà dimostrare la reale apertura ai cittadini e a quella “maggioranza invisibile” del Paese che non vota più e dal cui reale coinvolgimento – come già ribadito da più parti – dipendono la credibilità dell’appello dei partiti e il successo elettorale di una qualsiasi lista futura”.
Perché tale appello, e i tanti dai contenuti simili di questi giorni, non cadano nel vuoto, sarebbe auspicabile, quindi, un chiaro segnale di apertura da parte delle tre formazioni politiche, SI-Possibile-Mdp, che sembrano, invece, concentrate esclusivamente nella definizione di liste, regolamenti e assemblee, formalizzando e definendo un percorso che rischia di acuire distanze e disaffezione, come emerge da più parti in questi giorni. Sarebbe sintomo di debolezza e di miopia politica precludere e precludersi la possibilità di percorsi alternativi, forse più complessi e rischiosi, ma probabilmente più partecipati. E’, inoltre, difficile ravvisare concreti segnali di discontinuità e garanzie di unità in futuro, nell’attuale proposta di leadership, per cui pare essere stato individuato Pietro Grasso, che non ha, però, ancora sciolto le sue riserve ed è estraneo al percorso fatto sino a oggi. Forse sarebbe utile, piuttosto, provare a ipotizzare un nome capace di rappresentare il modo di agire politico nuovo che ha caratterizzato l’esperienza del Brancaccio, in cui, mi pare, le diverse anime della sinistra si sono riconosciute. Qualcuno di chiare competenze e provato impegno, che potrebbe essere un collante e una garanzia per superare le tante incomprensioni e presentare una sinistra unita alla scadenza elettorale. Personalmente ritengo che Anna Falcone sarebbe la persona adatta, una donna capace e determinata, cui i diversi soggetti della Sinistra potrebbero chiedere in questo momento critico, la disponibilità ad assumere il difficile compito di provare a fare un ulteriore tentativo per ricucire lo strappo che si è consumato nelle ultime settimane all’interno del Brancaccio e tra le diverse formazioni politiche (SI-Possibile-Mdp, Rifondazione Comunista, …), per trovare un possibile equilibrio e una nuova sintesi al fine di ripartire tutti insieme, magari utilizzando a tale scopo anche l’assemblea del 3 dicembre, allargando la platea dei partecipanti secondo criteri e modalità condivise, oppure aprendola a tutto il popolo della sinistra, come prospettato dalla stessa Falcone e da Montanari.
Concludo citando nuovamente Rodotà, il quale nell’introduzione al suo lavoro “Il diritto di avere diritti” affermava: “La «rivoluzione dell’eguaglianza», mai davvero compiuta, l’eredità difficile, la promessa inadempiuta del «secolo breve», è oggi accompagnata dalla «rivoluzione della dignità». Insieme hanno dato vita a una nuova antropologia, che mette al centro l’autodeterminazione delle persone, la costruzione delle identità individuali e collettive, i nuovi modi d’intendere i legami sociali e le responsabilità pubbliche. Non sono due sfide perdute: sono due permanenti campi di battaglia, che definiscono, a un tempo, l’oggetto del conflitto e i soggetti che lo incarnano”. Credo che uno dei rischi che stiamo correndo sia quello di pensare che questi campi aperti di battaglia, in cui si lotta e si lotterà per il futuro dei nostri diritti e delle nostre libertà, si risolvano nel recinto chiuso dei partiti. Non penso sia così, e per questo ritengo che, in vista delle prossime elezioni e, soprattutto, per il futuro della nostra democrazia, sia importante, mutuando il titolo di un noto periodico clandestino antifascista, #nonmollare, e cercare di mantenere viva la speranza di una sinistra unita che, a oggi, non mi pare possa prescindere, al di là di errori e incomprensioni, dal percorso iniziato al Brancaccio. (vai al sito)

Commenti

  1. Per arrivare ad una maggioranza, e quindi poter produrre il cambiamento desiderato dalla Cittadinanza e opportuno per il Paese, il civismo di Falcone e Montanari e la Sinistra, dovrebbero andare con liste separate per formare una coalizione progressista.

    La sinistra, che nel tempo e da tempo ha dilapidato la sua credibilità a di fuori dei fans più affezionati a ciò che questo spazio politico rappresenta, non può sperare in un successo che vada al di sopra dell'8/10%, ed in una lista unica "civica e di sinistra" impedirebbe anche il potenziale successo di F&M.

    Divesamente se quest'ultimi si rivolgessero a quel90% di cittadinanza che afferma alla demoscpia professionale di aver perso ogni residua fiducia nell'offerta politica, senza avere nelle insegne la Sinistra, potrebbero ottenere un importante, se non imponente, successo, da spendere poi in una coalizione, anche maggioritaria, con quanto aggregato da Bersani & C.

    Difficile capire perchè non si scelga la strada della probabile vittoria, rispetto a quella di una lista unica di assai più difficile, per non dire impossibile, affemazione. Davvero difficile e incomprensibile!

    Paolo Barbieri

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