La Chiesa, la pedofilia e La Civiltà Cattolica.

Nel recente numero 4001 del 25-02-2017, della rivista dei Gesuiti "La Civiltà Cattolica", si può leggere un articolo intitolato "La tutela dell'infanzia nella Chiesa Cattolica". Nella presentazione dello scritto sul sito della rivista, l'autore, il gesuita Hans Zollner, dopo aver evidenziato come "È fuori dubbio che la tutela dei bambini e dei giovani contro la violenza sessuale resta un problema nella Chiesa come nella società", afferma: "È dunque anche vero però che la Chiesa ha preso coscienza del problema, anzi essa oggi — anche grazie all’intervento di Benedetto XVI prima e Francesco oggi — fa da battistrada sul tema della prevenzione e della tutela dei minori vittime di abusi; e ciò le viene riconosciuto anche dalle istituzioni non ecclesiali".
A pochi giorni di distanza dalla pubblicazione della rivista, tuttavia, è stato possibile leggere sullo stesso argomento la notizia, data da diverse testate giornalistiche, relativa all'abbandono della Commissione vaticana contro gli abusi del clero da parte di Marie Collins, membro della commissione e in passato lei stessa vittima di violenze da parte di un sacerdote. Tale dimissione giunge poco tempo dopo quella analoga di un altro membro della Commissione, Peter Saunders. I due "ex" della Commissione hanno motivato il loro abbandono denunciando diverse criticità tra cui silenzi, atteggiamenti “omertosi” e, in alcuni casi, la mancata collaborazione di clero e Curia Vaticana nel portare avanti le indagini.
Tali dimissioni da parte di persone "vittime due volte" (la prima per esser state abusate, la seconda per non esser state messe in condizione di lottare adeguatamente), sono un grave atto di accusa nei confronti della Chiesa e un richiamo alla realtà per chi è convinto che la recente costituzione di alcune strutture “mirate” (la Commissione vaticana è del 2014), e alcune “conversazioni” religiose e dichiarazioni mediatiche, siano sufficienti a modificare atteggiamenti e comportamenti che, in ambito ecclesiastico, si sono radicati nel corso di millenni.
Pare che le buone intenzioni di Papa Francesco, animate da un incrollabile ottimismo della volontà (e della fede), siano interpretate dai padri della Civiltà Cattolica dimenticando che, come il Papa stesso insegna loro, "il tempo è superiore allo spazio" (Evangelii Gaudium), e che se si può discutere sulla natura peccaminosa del "privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi", sicuramente pensare che la Chiesa possa essere guida ed esempio sul tema dell’abuso sessuale (con un’interpretazione decisamente ottimistica delle potenziali ricadute delle recenti iniziative ed interventi), è un modo un po’ rischioso, se non ingannevole, di affrontare le sofferenze, presenti e passate, delle vittime di abusi dentro e fuori dalla Chiesa. Forse sarebbe più utile ed opportuno cominciare a riconoscere le evidenti difficoltà che si hanno ancora nell'affrontare tale vergognosa piaga e, al contempo, interrogarsi sul perchè anni di vita comunitaria, di educazione e formazione religiosa non siano sufficienti a prevenire, contrastare e denunciare tali crimini.
Mi permetto di consigliare, quindi, al collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica maggiore umiltà su alcuni temi e, come la saggezza popolare suggerisce, attenzione a non mettere il carro davanti ai buoi. Infatti, anche se può sembrare che il Papa abbia tracciato la strada, il cammino che la Chiesa deve fare in tale direzione pare essere ancora molto lungo, e quanto recentemente fatto, non è certo sufficiente per animare falsi e pericolosamente fuorvianti trionfalismi.

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