Giornata della memoria e “Programma di eutanasia” nazista.

Mostra “Non Basta Ricordare”, Fond. MAXXI
In occasione della giornata della memoria, venerdì 27 gennaio, vorrei ricordare un capitolo della violenza nazista, culminata nella Shoah, forse meno noto, ma non per questo meno tragico. Sono trascorsi 70 anni da quando terminò il cosiddetto “Processo dei medici”, tenutosi a Norimberga tra il dicembre 1946 e l’Agosto 1947. Tra i crimini contestati ai 23 imputati, vi erano anche quelli legati al cosiddetto “Programma di eutanasia”, in cui, tra il 1939 e il 1945, trovarono la morte circa 200.000 persone con disabilità o con disturbi psichici (oltre 70.000 nell’ambito della sola Aktion T4). Tutti gli imputati si dichiararono non colpevoli. Al termine del processo sette di loro furono assolti, sette furono condannati a morte, gli altri al carcere. Nell’ambito del “programma eutanasia”, gli assassini furono prevalentemente medici, infermieri e personale ausiliario, e i bambini furono le prime vittime.

In seguito lo sterminio si estese agli adulti, articolandosi in quelle che si sogliono definire “Aktion T4” (in appositi centri di uccisione tramite l’utilizzo, per la prima volta, delle camere a gas), “Aktion 14f13” (nei campi di concentramento) ed eutanasia selvaggia (in ambito ospedaliero).
Nell’importante studio di R. Hilberg “La distruzione degli ebrei d’Europa”, l’autore afferma che: “L’eutanasia era la prefigurazione concettuale e nello stesso tempo tecnica e amministrativa della “soluzione finale” che sarebbe stata attuata nei campi di sterminio”.

Alice Ricciardi von Platen, membro della “Commissione di osservatori” inviata dall’Ordine dei medici al processo, nell’introduzione al suo testo del 1948 “Il nazismo e l’eutanasia dei malati di mente” (testo che venne boicottato e quasi occultato nel dopoguerra) ammoniva: “La dimensione raggiunta dall’Eutanasia negli istituti tedeschi dimostra come, una volta intrapresa la strada dell’annientamento delle cosiddette vite indegne, non ci siano più limiti […] Nell’epoca dell’interesse collettivo, evidentemente, il diritto del singolo alla tutela statale non è più un fatto scontato. Ma se le tendenze distruttive dovessero avere il sopravvento, l’interesse collettivo si trasformerebbe in minaccia di sterminio nei confronti degli individui malati e indifesi. Finché l’umanità vivrà, solo una parte degli individui sarà conforme alla norma dell’essere umano medio”. Questi concetti sono in seguito ripresi e ampliati dall’autrice: “Come i malati di mente sotto il nazionalsocialismo, attualmente gli stranieri vengono considerati alla stregua di parassiti, pura zavorra per la nostra società”. Credo che le morti del passato ci riguardino ogni volta in cui non ci indigniamo e non prendiamo posizione di fronte a ingiustizie e violazioni dei diritti. Il fatto che, oggi come allora, ci sono persone che non voltano lo sguardo, che si battono per la dignità, la garanzia e il rispetto dei diritti di tutti, è, credo, non solo la speranza, ma anche l’impegno della memoria per tutti noi. 

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